Di Filippo Ceccarelli – Boh. Che fine avrà fatto l’atto approvato quasi all’unanimità dal Consiglio comunale ormai diversi anni fa per promuovere “la tradizione della cucina romanesca”? Boh. E a che ha portato la riabilitazione del poeta Ovidio, anch’essa plebiscitariamente decretata dal Campidoglio in era pre-Covid, oltre che in complesso gemellaggio con la città di Sulmona, patria dell’illustre concittadino esiliato duemila e più anni orsono? Boh. Si colloca ai primi posti, nel nutrito catalogo dei misteri, l’esito delle pecore “taglia-erba”, fra le iniziative d’esodio della sindaca Raggi. A ripensarci a distanza di tempo – non si dirà col senno di poi – la fiabesca soluzione degli ovini giardinieri ha lasciato dietro di sé vane giustificazioni esterofile, perché pare che in diverse capitali si faccia qualcosa del genere, e una gran messe di spiritosaggini social. Di recente qualcosa è accaduto al disastratissimo Servizio Giardini della Capitale, forse qualche assunzione e l’acquisto di qualche mezzo, ma di pecore nulla più si è saputo.
Per cui, ancora: boh. Dall’eco pascolo l’incertezza tipica dello scetticismo capitolino si estende alla sorte del progetto degli “agroasili”, che a occhio avrebbero dovuto coinvolgere i bambini – centinaia? migliaia? boh – in una specie di educazione ambientale, ma appunto, e di nuovo, vai a sapere.
Le elezioni si avvicinano, ma si resisterà alla tentazione di buttarla in politica. Troppo facile, forse, se si ricorda che Alemanno voleva radere al suolo Torbellamonaca e costruire isole al largo di Ostia; e troppo stravagante se si pensa che l’altro giorno la candidata vicesindaca del centrodestra, Matone, si è lanciata in una campagna contro i monopattini e a tutela della Vespa. Perché a tutto c’è quasi sempre una spiegazione che trascende gli opposti interessi e gli schieramenti; e di solito la sociologia, o la psicologia, o la scienza, o l’astrologia finiscono per dispiegarla, questa spiegazione, talvolta persino convincente. Ma qui a Roma c’è qualcosa che non torna. Qualcosa di continuo ed eclatante che consuma immaginazione, tempo, energie ed impone di approvare delibere, firmare convenzioni, studiare bandi, approvare progetti di fattibilità tecnica, produrre rendering e più se ne ride più cresce questa coazione a ripetere cose che non servono, né mai si faranno.
Il caso più istruttivo è quello della funivia Battistini-Casalotti: ebbene, qualche mese fa l’amministrazione ne ha proposta una seconda Eur-Villa Bonelli, per giunta smontabile.Tutto manca di complessità e profondità, quindi subito evapora e tuttavia, grazie anche all’informazione, persiste. Ciò nondimeno, la vocazione all’oblio trova qui a Roma, nel suo basso perenne, il suo luogo di elezione. Il problema drammatico dei rifiuti, per dire, l’incessante ricerca di un’alternativa alla discarica di Malagrotta. Ecco, chi si ricorda che a un certo punto il rimedio contro la puzza che certamente sarebbe promanato da un certo sito prescelto (e poi messo in attesa, quindi perdutosi nella memoria) venne comunque identificato in una “barriera odorifera”? O che intorno al Tmb del Salario si pensò di far nascere un parco fluviale, ma ci pensò un incendio a incenerire il proposito? E come se l’addio alle scale di valore e ai criteri di valutazione, la scomparsa delle competenze, lo smarrimento dell’agenda, la fine dei confini tra gli ambiti avessero creato una realtà altra; nella quale la vita pubblica e amministrativa, oltre che istantanea si è fatta suggestiva e porosa. Arcana fuga nell’Altrove. L’altro giorno, in attesa del Sacro Grab, il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette, sulla Nomentana il Comune ha installato un totem luminiscente che registra il numero di bici e calcola quante tonnellate di CO2 si risparmiano. Le meraviglie usa e getta del full screen – o forse boh.
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